CORTE D'APPELLO DI CATANZARO 
                           Sezione lavoro 
 
    La Corte, riunita in camera di consiglio, cosi' composta: 
        1. dott. Emilio Sirianni, Presidente; 
        2. dott.ssa Barbara Fatale, Consigliere relatore; 
        3. dott. Giovanni Filocamo, Consigliere, 
nella causa in grado di appello iscritta,  al  numero  54  del  ruolo
generale affari contenziosi dell'anno 2013  e  vertente  tra  Regione
Calabria, in persona del Presidente in carica  legale  rappresentante
pro tempore, con l'avv.  Manna  Massimiliano,  appellante,  e  Guerra
Antonietta, con l'avv. Pitaro Giuseppe, appellato, ha pronunciato  la
seguente ordinanza ex art. 23 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  di
rimessione alla Corte costituzionale della questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 10, legge  regionale  Calabria  n.  19/1999,
cosi' come modificato dall'art.  13,  comma  1,  legge  regionale  n.
22/2007; 
 
                           Fatto e diritto 
 
    Con ricorso depositato presso la  cancelleria  del  Tribunale  di
Catanzaro,  Guerra  Antonietta  esponeva:  di  essere  stata  assunta
dall'Associazione  di  Divulgazione  Agricola   «Argessa   Cia»   con
contratto di lavoro a tempo indeterminato dal 1° marzo 2000; che tale
Associazione si e' sciolta; di avere diritto, in base al disposto  di
cui all'art. 10 della legge regionale  n.  19/1999,  come  modificato
dall'art. 13 della legge regionale n. 22/2007, ad essere assunta alle
dipendenze della Regione Calabria. 
    Costituitasi, la Regione  Calabria  ha  chiesto  il  rigetto  del
ricorso evidenziando come tale disposizione legislativa sia in aperto
contrasto con la normativa regolante l'accesso  al  pubblico  impiego
perche' l'eventuale assunzione comporterebbe il transito dal  settore
privato  a  quello  pubblico  senza  l'espletamento  di  un  pubblico
concorso, cosi' come previsto dall'art. 97 della Costituzione. 
    Al termine del giudizio, il  Tribunale  di  Catanzaro,  rilevando
come l'art. 42, comma 4, legge regionale  n.  15/2008  abbia  fornito
alla norma in questione la seguente  interpretazione  autentica:  «in
assenza di una associazione di divulgazione  agricola  disponibile  a
proseguire il rapporto con il personale di cui alla  medesima  norma,
nel medesimo rapporto subentra, ai medesimi termini e condizioni,  la
Regione Calabria», ed evidenziando la circostanza che  la  ricorrente
sia stata assunta non a seguito di una mera selezione ma di un vero e
proprio concorso assimilabile ad un concorso pubblico, ha disposto il
subentro della Regione Calabria nel  pregresso  rapporto  di  lavoro,
rimarcando, inoltre, come la Regione  gia'  finanziasse  direttamente
l'associazione nelle spese per i dipendenti, in quanto,  pur  essendo
di natura privatistica, essa realizzava le finalita' di cui  all'art.
11 della legge regionale  n.  19/1999,  ossia  compiti  istituzionali
della Regione. 
    Avverso tale  sentenza  promuove  appello  la  Regione  Calabria,
insistendo sull'illegittimita' della  normativa  de  qua,  in  palese
contrasto, con il disposto di cui all'art. 97 della Costituzione. 
    La Corte, riunita in camera di consiglio, esaminati gli  atti  di
causa e sentito il relatore, ha ritenuto necessario invitare le parti
ad interloquire sulla legittimita' costituzionale dell'art. 10  della
legge  regionale  n.  19/1999  cosi'  come  modificato  dalla   legge
regionale  n.  22/2007,  sotto  il  profilo  della  conformita'  alle
disposizioni di cui agli articoli 97 e 117 della Costituzione. 
    Nel dettaglio, al fine  di  delibare  circa  la  sussistenza  del
diritto della sig.ra Guerra a proseguire con la Regione  Calabria  il
rapporto di  lavoro  in  essere  con  la  disciolta  associazione  di
divulgazione agricola, occorre procedere alla disamina delle seguenti
disposizioni: 
        art. 10, legge  regionale  Calabria  n.  19/1999  cosi'  come
modificato dall'art. 13, comma 1, legge regionale n. 22/2007; 
        art. 42, comma 4, legge regionale Calabria n. 15/2008; 
        art. 1, legge regionale Calabria n. 58/2012. 
    L'art. 10, legge  regionale  n.  19/1999  cosi'  come  modificato
dall'art. 13, comma 1, legge regionale n. 22/2007  prevede  che  «Nel
caso di volontario scioglimento di una o di tutte le associazioni  di
divulgazione agricola  il  personale,  unitamente  alle  attrezzature
delle UDA di  competenza,  e'  assegnato  ad  altra  associazione  di
divulgazione agricola in grado di proseguire l'attivita' che ne abbia
fatto specifica richiesta, oppure rientra nella competenza gestionale
della Regione Calabria». 
    L'art. 42, comma  4,  legge  regionale  n.  15/2008  prevede  che
«L'articolo 10, comma 2, della legge regionale 26 luglio 1999, n. 19,
cosi'  come  modificato  dall'articolo  13,  comma  1,  della   legge
regionale 5 ottobre 2007, n.  22,  s'interpreta  nel  senso  che,  in
assenza di un'associazione di  divulgazione  agricola  disponibile  a
proseguire il rapporto con il personale di cui alla  medesima  norma,
nel rapporto medesimo subentra, ai medesimi termini e condizioni,  la
Regione Calabria, ferma restando la  possibilita'  in  futuro  di  un
successivo passaggio ad un'associazione, che dovesse manifestare  nel
prosieguo la propria disponibilita'. L'attuazione di tale dispositivo
non puo' comportare un incremento dei costi  a  carico  del  bilancio
regionale». 
    L'art. 1, legge regionale n. 58/2012 prevede che «L'articolo  10,
comma 2, della legge regionale 26 luglio 1999, n. 19 (Disciplina  dei
servizi di sviluppo agricolo  nella  Regione  Calabria),  cosi'  come
modificato dall'articolo 13, comma 1, della legge regionale 5 ottobre
2007, n. 22, e cosi' come interpretato  dall'articolo  42,  comma  4,
della legge regionale 13 giugno 2008 n. 15, e' abrogato». 
    Nel  caso  di   specie,   dal   momento   che   lo   scioglimento
dell'associazione di divulgazione agricola e'  intervenuto  in  epoca
anteriore all'entrata  in  vigore  dell'art.  l  legge  regionale  n.
58/2012 - e dopo il 2008 -, trovano applicazione,  ratione  temporis,
l'art. 10, legge regionale Calabria n. 19/1999 cosi' come  modificato
dall'art. 13, comma 1, legge regionale n. 22/2007, e l'art. 42, comma
4, legge regionale Calabria n. 15/2008. 
    Orbene, se da un lato e' pacifico tra le parti che non  vi  siano
altre associazioni  di  divulgazione  disponibili  a  subentrare  nel
rapporto di lavoro intrattenuto  dalla  sig.ra  Guerra  con  «Argessa
Cia», e dall'altro e' chiaro il  contenuto  dell'art.  10,  comma  2,
della legge  regionale  26  luglio  1999,  n.  19  -  che,  per  come
autenticamente interpretato dalla stesso  legislatore  regionale  nel
2008, fa sorgere in capo al lavoratore il diritto a proseguire con la
Regione Calabria il rapporto lavorativo instaurato con l'Associazione
di divulgazione agricola -, si tratta di verificare se tale modalita'
di instaurazione di un  rapporto  alle  dipendenze  di  una  pubblica
amministrazione non sia in contrasto con le previsioni degli articoli
97 e 117 della  Costituzione,  dal  momento  che  l'ente  di  diritto
privato che ha proceduto alla formale assunzione del  dipendente  non
e' tenuto al rispetto di procedure selettive di tipo concorsuale. 
    Risulta  dunque  evidente  la  rilevanza,  nel  caso  in   esame,
dell'avanzata  questione  di  legittimita'  costituzionale,   essendo
evincibile dalla documentazione prodotta in  atti  che  la  procedura
selettiva cui ha partecipato la sig.ra Guerra per l'assunzione presso
l'associazione di divulgazione agricola, soggetto di diritto privato,
non risponde ai requisiti fissati dall'art. 97 della Costituzione  (e
specificati  anche  nel  testo  unico  n.  165/2001,  all'art.   35),
difettando, il bando  di  concorso,  degli  essenziali  requisiti  di
pubblicita' che, in ossequio agli articoli 3 e 51 della Costituzione,
avrebbero consentito un'adeguata conoscibilita' dello stesso a  tutti
i cittadini e legittimato la sua tendenziale equiparazione  al  bando
di indizione di un concorso pubblico. 
    L'art. 10 del bando in questione prevede infatti, come  forma  di
pubblicita',  la   sua   esposizione   presso   le   bacheche   della
Confederazione italiana agricoltori della Calabria,  dell'Assessorato
regionale all'agricoltura e degli uffici agricoli  zonali;  tuttavia,
le uniche pubblicazioni idonee a garantire una  conoscenza  ad  ampio
spettro del bando, con  la  conseguente  possibilita'  di  un  libero
accesso per tutti i cittadini, sarebbero state quelle nella  Gazzetta
Ufficiale della Regione e sul Bollettino Ufficiale della Regione. 
    Cio' posto, si osserva che l'impianto della  legge  regionale  n.
19/1999 cosi' come modificato dalla  legge  regionale  n.  22/2007  e
coordinato con il testo della legge regionale n. 13/2008, prevede che
la divulgazione agricola, collocata  nell'ambito  della  materia  dei
servizi di sviluppo agricolo trasferita alle regioni, dai decreti del
Presidente della Repubblica  n.  11/72  e  n.  616/77,  recependo  il
regolamento Cee n.  270/79  e  i  successivi  regolamenti  comunitari
attinenti ai servizi in agricoltura, costituisce una delle  finalita'
che l'ente deve perseguire  istituzionalmente,  attraverso  l'Agenzia
Regionale per lo Sviluppo e i Servizi in Agricoltura (ARSSA). 
    I dipendenti dell'ARSSA svolgono quindi  dei  compiti  rientranti
fra  quelli  istituzionali  della  Regione.   In   virtu'   di   tale
considerazione diviene piu' agevole comprendere la ratio del  sistema
normativo delineato dalla legge regionale in esame;  sia  per  quanto
concerne il finanziamento diretto della Regione per le spese di detti
dipendenti, sia per la portata dell'art. 10 legge regionale cit. 
    I dubbi circa la legittimita' costituzionale  delle  disposizioni
da  applicare  nel  caso  in  esame,   dunque,   scaturiscono   dalla
constatazione che queste sono suscettibili di instaurare rapporti  di
lavoro presso le pubbliche  amministrazioni  regionali,  prescindendo
dal necessario ricorso alla forma  del  «concorso  pubblico»  sancita
dall'art. 97 della Costituzione. 
    Le norme regionali scrutinate,  inoltre,  non  forniscono  alcuna
specificazione in merito alla sussistenza degli  eventuali  requisiti
fissati dalla Corte costituzionale per potere  ammettere  deroghe  al
principio del pubblico concorso, vale a dire  la  peculiarita'  delle
funzioni che il personale svolge o specifiche  necessita'  funzionali
dell'amministrazione. 
    Infatti,  con  la  sentenza   n.   195   del   2010,   la   Corte
costituzionale, nell'affrontare  una  situazione  similare  a  questa
oggetto di ricorso, ha statuito che: «Simili deroghe possono  infatti
considerarsi  legittime  solo  quando  funzionali  esse  stesse  alle
esigenze di  buon  andamento  dell'amministrazione  e  ove  ricorrano
peculiari e straordinarie esigenze di  interesse  pubblico  idonee  a
giustificarle», ribadendo quanto gia' stabilito nella sentenza n. 293
del 2009: «L'art. 97, terzo comma, della  Costituzione  prevede  che,
salvo i casi stabiliti dalla legge, "agli  impieghi  nelle  pubbliche
amministrazioni si accede mediante concorso". Cio' significa  che  la
"forma  generale  e  ordinaria  di  reclutamento  per  le   pubbliche
amministrazioni" (sentenza n. 363 del 2006) e' rappresentata  da  una
selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul  merito
e aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti  previamente  e
obiettivamente definiti. Il rispetto di tale criterio  e'  condizione
necessaria per assicurare che l'amministrazione pubblica risponda  ai
principi della democrazia, dell'efficienza e  dell'imparzialita'.  Il
concorso  pubblico  e',  innanzitutto,  condizione   per   la   piena
realizzazione  del  diritto  di  partecipazione  all'esercizio  delle
funzioni  pubbliche  da  parte  di  tutti  i  cittadini   [...].   La
Costituzione ha accordato al legislatore la facolta' di  derogare  al
principio  del  concorso.  Le  deroghe  legislative,  tuttavia,  sono
sottoposte al  sindacato  di  costituzionalita',  nell'esercizio  del
quale questa Corte ha progressivamente precisato il  significato  del
precetto costituzionale. Innanzitutto,  la  Corte  ha  affermato  che
anche le "modalita' organizzative e procedurali" del concorso  devono
"ispirarsi al  rispetto  rigoroso  del  principio  di  imparzialita'"
(sentenza n. 453 del 1990). Di conseguenza, non  qualsiasi  procedura
selettiva,  diretta  all'accertamento  della   professionalita'   dei
candidati, puo' dirsi di per se' compatibile  con  il  principio  del
concorso pubblico. Quest'ultimo non e'  rispettato,  in  particolare,
quando "le selezioni siano  caratterizzate  da  arbitrarie  forme  di
restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi" (sentenza n. 194
del 2002).  La  natura  comparativa  e  aperta  della  procedura  e',
pertanto,  elemento  essenziale  del  concorso  pubblico;   procedure
selettive riservate, che escludano o  riducano  irragionevolmente  la
possibilita' di accesso dall'esterno, violano il "carattere pubblico"
del concorso (sentenza n. 34 del 2004)». 
    La normativa regionale in esame, in sostanza, ha statuito che, in
seguito all'eventuale  scioglimento  di  una  delle  associazioni  di
divulgazione   agricola,   i'   lavoratori   alle   sue    dipendenze
proseguiranno  il  loro  rapporto  con   un'altra   associazione   di
divulgazione agricola a  cio'  disponibile.  Qualora  tale  ulteriore
associazione  agricola  manchi  o   non   abbia   dato   la   propria
disponibilita', sara' la Regione Calabria a subentrare  nel  rapporto
di lavoro, ai medesimi termini e condizioni. 
    Orbene, dette disposizioni consentono, di fatto, la  possibilita'
della migrazione dal settore privato a quello  del  pubblico  impiego
(alle dipendenze della Regione Calabria) anche in mancanza del previo
espletamento di un pubblico concorso o  di  una  procedura  selettiva
tendenzialmente equipollente, con l'ulteriore precisazione che, anche
qualora i lavoratori risultassero essere  stati  assunti  in  seguito
all'espletamento di procedure selettive  e  quindi  vincitori  di  un
concorso (come nel caso  del  giudizio  a  quo),  avrebbero  comunque
partecipato  ad  una  selezione  indetta  dalle  varie   associazioni
agricole, e non  dalla  pubblica  amministrazione  che,  in  base  al
dettato della norma in  questione,  deve  assumerli  nell'ipotesi  di
scioglimento di dette associazioni. 
    Nessuna precisazione  pone  infatti  la  normativa  regionale  in
merito ai requisiti  che  dovrebbero  avere  le  procedure  d'accesso
predisposte dalle associazioni agricole poi scioltesi per legittimare
l'eventuale   transito   dei   loro   lavoratori   alle    dipendenze
dell'amministrazione regionale, ne' tantomeno specifica, in  ossequio
al costante orientamento espresso dalla Corte  costituzionale,  quali
siano le peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico che
consentirebbero   una   deroga   al   principio   costituzionale   di
riferimento. 
    Alla luce delle considerazioni che precedono, ritiene pertanto il
Collegio  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle
disposizioni di cui all'art. 10, legge  regionale  n.  19/1999  cosi'
come modificato dall'art. 13, comma 1, legge  regionale  n.  22/2007,
per contrasto con gli articoli 97 e 117 della Costituzione,  sia  non
manifestamente infondata. 
    Quanto alla  rilevanza  della  posta  questione  di  legittimita'
costituzionale, si aggiunge, a quanto  gia'  sopra  evidenziato,  che
essa non viene meno in virtu' dell'intervenuta abrogazione  dell'art.
10 cit. per effetto, dell'art. 1 della legge regionale n. 58/2012. 
    Potrebbe, infatti, sollevarsi l'obiezione secondo cui l'eventuale
giudizio di legittimita' costituzionale si riveli inutiler datum:  se
gli effetti delle sentenze di accoglimento della Consulta sono quelli
di espungere una  norma  dall'ordinamento,  come  se  non  fosse  mai
esistita, con il solo limite dei rapporti  giuridici  gia'  definiti,
inammissibile  sarebbe  un  giudizio  vertente  su  una  norma   gia'
abrogata. 
    Tale obiezione, in realta', puo' agevolmente superarsi, solo  ove
si consideri la «perdurante rilevanza» della norma in  questione  ora
abrogata, sicuramente applicabile nel giudizio che deve essere deciso
da questo Collegio remittente, in virtu' del  disposto  dell'art.  11
delle disposizioni preliminari, che recita: «La legge non dispone che
per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo», sicche' l'eventuale
sentenza declaratoria di illegittimita' della norma  (ora  abrogata),
non puo' essere inutiliter data, in quanto suscettibile  di  spiegare
effetti immediati nel presente giudizio. in tal senso ha  avuto  piu'
volte modo di esprimersi la stessa Corte costituzionale sin da  tempi
risalenti:  «I  due  istituti  giuridici  dell'abrogazione  e   della
illegittimita' costituzionale delle leggi non sono identici fra loro,
si muovono su piani diversi, con effetti  diversi  e  con  competenze
diverse. Il campo dell'abrogazione  inoltre  e'  piu'  ristretto,  in
confronto  di  quello  della  illegittimita'  costituzionale,   e   i
requisiti richiesti perche' si abbia abrogazione per incompatibilita'
secondo i principi generali sono assai piu' limitati  di  quelli  che
possano consentire la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale
di una legge» (Corte costituzionale sentenza n. 1, 1956); pertanto il
sindacato di legittimita'  e'  esperibile  «tutte  le  volte  che  di
"efficacia"   ed   "applicazione"   della   legge   possa   parlarsi,
indipendentemente, dall'avvenuta abrogazione della medesima, la quale
"efficace"  ed  "applicabile"  resta,  pur  sempre,  entro  i  limiti
consacrati dai principi regolanti  la  successione  delle  leggi  nel
tempo» (Corte costituzionale, n. 4/1959).